venerdì 5 aprile 2024

La Forza Vitale in Frutti, Verdure ed Erbe

 


La Forza Vitale in Frutti, Verdure ed Erbe
dott. GIUSEPPE IMBRIANI

“Vis Medicatrix Naturae”
La Medicina Naturale si avvale dell’esperienza millenaria nell’ambito dell’uso di sostanze medicinali.
L’alchimista maturava nella consapevolezza dell’esistenza di una “FORZA VITALE” unica e comune a tutte le cose, a tutti gli esseri, la quale rappresenta il “principio attivo”, la “forza guaritrice”. A tale principio si basano tutte le metodiche naturopatiche.

La capacità di guarire è quindi insita in tutte le piante, differenziata soltanto dalla capacità della specie di manifestare più o meno bene la propria “energia interiore”, nonché dalla capacità di estrarla dal suo involucro.
E come dalla putrefazione dell’involucro del seme nasce una nuova piantina, così dalla scomposizione del grezzo scaturisce il principio curativo e questo in modo analogo in erbe, frutti e verdure.

Nel corso dei secoli il “Ricercatore della Natura” ha sviluppato vari metodi di estrazione dell’utile dall’inutile, dal fine dal grezzo per avere poi alla fine una sostanza medicinale più pura, sempre più vicina alla FORZA VITALE unica e indifferenziata nel suo utilizzo curativo; una panacea dunque, rimedio per tutti i mali, la difficoltà consiste “solo” nell’estrarla.
L’uso della sostanza sempre più pura presuppone la conoscenza della scomposizione profonda della pianta.
L’uso della sostanza grezza presuppone invece la conoscenza del “carattere” specifico di ogni pianta, poiché più grezza è la sostanza e più differenziato e specifico diventa il suo utilizzo: la pianta giusta per il problema di salute giusto.
La medicina popolare con i suoi modesti e semplici mezzi di “estrazione” ha sviluppato una grande conoscenza empirica dell’uso grezzo e differenziato di erbe, frutti e verdure e non solo per uso interno ma anche per uso esterno.

NON ESISTE CURA SENZA DISINTOSSICAZIONE
Nell’organismo ogni movimento o cambiamento, sia che si tratti di un ordine del sistema nervoso centrale verso una fibra muscolare, un’articolazione, un organo, sia che si tratti di una percezione sensoriale degli organi di tatto, o che si tratti di un movimento emozionale da mandare su al cervello; tutto avviene in una catena di reazione elettrochimiche.
In un chimismo inquinato le informazioni di funzionamento vengono travisate, l’organo si ammala.
La terapia adeguata è qui lo sblocco dei flussi per aiutare l’organismo ad incrementare i meccanismi automatici di disintossicazione e di recupero.
Molto spesso però si preferiscono i farmaci chimici che, il più delle volte, tamponano il sintomo senza togliere la causa: “intasamento”. Il processo patologico è destinato a continuare, andando incontro ad un intasamento progressivo.
Nella Medicina Naturale di definisce infatti “Malattia”,
la reazione biologica, intelligente e necessaria del nostro organismo contro tossine squilibranti tendenti ad eliminare, neutralizzare veleni endogeni o esogeni (provenienti dall’esterno o dall’interno) infiltratisi nel nostro chimismo o perlomeno a compensare i danni da loro inflitti.

Il primo tentativo dell’organismo è, come dicevamo, quello di neutralizzare le tossine inquinanti, rielaborandole attraverso una serie di meccanismi, per poi poterli espellere senza ulteriori danni. In questo è determinante il lavoro del sistema immunitario: Timo, Milza, Nodi e Canali Linfatici, il sistema di “polizia” e “pulizia” organico, e l’attività disintossicante del fegato.

Se l’organismo non riesce a eliminare tali veleni attraverso i canali fisiologici dei reni, intestini, polmoni, ghiandole sudorifere, mestruazioni ecc., cercherà per far questo altre vie, come per esempio la pelle o le mucose.
A seconda dell’aggressività della tossina, questo processo recherà dei danni, impropriamente chiamati malattia, che saranno però in ogni caso minori dei danni che risulterebbero dalla permanenza incontrollata della suddetta tossina nel corpo.
L’organismo nella sua intelligenza avvolge, incapsula, isola le tossine che non riesce a rielaborare o espellere, depositandole possibilmente lontano dal proprio chimismo, salvaguardando così il più a lungo possibile i centri vitali.
Ripostigli diventano dunque le parti più deboli e i punti più periferici, essendo questi luoghi di minore resistenza.